Manuel García racconta uomini veri: virili, a volte ruvidi, spesso silenziosi. Uomini che non hanno bisogno di molte parole perché bastano i loro corpi, i loro sguardi, il peso del non detto. Storie dove il desiderio nasce da un contatto accidentale, da una sfida sottile, da un confine che si infrange fino a trasformarsi in bisogno bruciante. Non pornografia, ma erotismo maschile nella sua forma più cruda e autentica.
Nel racconto che dà il titolo al libro, The Account, un uomo sposato, rispettabile, si trova a fare i conti con un incontro imprevisto. Un giovane della congregazione, sfrontato e curioso, sembra provocarlo con piccoli gesti innocenti solo in apparenza. Tra la folla di una funzione religiosa, sotto il peso di occhi che non devono sapere, nasce una tensione segreta, pericolosa, impossibile da ignorare.
Ricordo la sua maglietta a righe, le mani nervose sull’elastico dei boxer, il suo corpo asciutto che brillava di sudore mentre giocava a pallone nel cortile della chiesa. Quando lo aiutai a rialzarsi, i suoi occhi marroni incrociarono i miei e il tempo si fermò. Più tardi, davanti alla fontana, la sua voce abbassata, il rossore sulle guance, il suo ammettere che voleva attirare la mia attenzione. E io, diviso tra vergogna e desiderio, capii che nulla sarebbe più stato come prima.
Questi racconti sono fatti di carne e silenzio, di odori e sguardi rubati. Ti restano addosso come il sudore dopo l’amore. Ti ricordano che l’uomo desidera l’uomo, e che da quell’urto non si torna mai indietro.
