Per Isabella, anaffettiva militante, il lavoro di badante presso una malata di Alzheimer è il posto ideale: pare addirittura che la signora Paola apprezzi ore di lettura di Tolstoj in lingua originale e lunghe sedute di musica classica.
Potrebbe scivolare tutto in un perfetto e confortante immobilismo, se Isabella non captasse per caso una conversazione riguardante l'affascinante figlio della sua paziente…
«– Nonostante sia in una situazione molto critica – disse lui sedendosi nel bovindo di fronte a me (io ero alla scrivania e stavo scrivendo) – sono in debito con lei. Probabilmente finirà malissimo, ma se non succederà sarà solo merito suo –
– Non saprei… magari lei contrabbandava quel coso e finiva lì –
– Se il gioco gli riesce una volta non mollano… –
Continuò a guardarmi mentre rileggevo sottovoce quello che avevo tradotto.
– Se lei fosse una donna minimamente prevedibile le manderei dei fiori e le farei un regalo scontato, che so… una borsa di Prada o un gioiello… ma con lei, comprando una borsetta, non mi sdebiterei in nessun modo –
– Perché deve sdebitarsi, scusi? –
– Io sono molto prevedibile –
– Capisco –
– Mi aiuti, mi dica che cosa le farebbe piacere… –
– Niente davvero – mi sforzai di sorridere in modo da convincerlo.
– E' esasperante –
– Lo so. Me lo dice tutte le volte che ci parliamo –
Non so perché decisi di shoccarlo, forse volevo solo che si levasse di torno e la smettesse di volersi occupare di me e del mio benessere senza avere la minima idea di come fossi io e di che cosa costituisse realmente il mio benessere.
Lo guardai negli occhi. Mi piacevano molto i suoi occhi perché erano incredibilmente inespressivi eppure dentro vi guizzava sempre, per un attimo, quello che gli passava per la testa.
– Ci sarebbe una cosa… – insinuai.
– Sentiamo –
– Ho un po' bisogno di sesso –
Fu esattamente come nei cartoni animati, quando a un personaggio escono gli occhi dalle orbite attaccati a quelle ridicole molle.
L'avevo zittito.»